Scrivo questo post per rispondere
in modo un po’ più approfondito e meno frettoloso ad amici e conoscenti, reali
e virtuali, che mi chiedono una opinione personale in merito all’ “Italicum” e alla riforma oggetto del
prossimo referendum e ai quali, prima di rispondere, raccomando, come ho sempre
fatto, lasciata da parte ogni simpatia e/o antipatia politica, di soffermarsi esclusivamente
al merito della questione.
La materia costituzionale non è
delle più semplici, da operatore del diritto me ne rendo perfettamente conto,
ma la Costituzione, fonte inesauribile di diritti fondamentali e di doveri per
ognuno di noi senza distinzioni, merita qualche ora del nostro tempo libero
spesa per l'approfondimento prima di dire, tra poco più di un mese, SI o NO.
In verità non ho mai avuto in
simpatia questa riforma e fin da quando era in gestazione, un paio di anni fa, ho
intravisto il rischio di una maggioranza/minoranza “pigliatutto” (post del 10 luglio 2014 e del 22 aprile 2016);
inoltre, il metodo, a suo tempo, adottato dal Governo per farla approdare alla
conclusione del doppio iter parlamentare ha destato in me, e non
solo, forti perplessità e riserve.
Ritengo, infatti, che se i
Costituenti del 48 propesero per una Costituzione rigida anziché flessibile,
attribuendogli forza di legge costituzionale anziché ordinaria, vollero,
inequivocabilmente, scongiurare il “pericolo” che in sede di eventuale
revisione, la Costituzione rimanesse nella disponibilità del Governo come, di
fatto, è purtroppo avvenuto con la riforma ora sottoposta al giudizio dei
cittadini.
Qualcuno obietterà che, comunque,
le modifiche apportate ai 47 articoli sono avvenute nel rispetto dell'art. 138:
Vero, però nel 1948 la particolare procedura prevista da quest'ultimo articolo
per la revisione costituzionale dava come fatto acquisito che il Parlamento
fosse eletto con un sistema elettorale proporzionale senza correzioni e
sbarramenti di alcun genere.
Invece, da quando, di recente nel
2005 è stata approvata la legge n. 270, felicemente ribattezzata “Porcellum” dal prof. Sartori, che ha
introdotto l’attuale sistema elettorale proporzionale corretto con clausole di sbarramento
e premio di maggioranza, la procedura aggravata di cui al menzionato articolo
138, con la sua solida ratio, è stata di fatto aggirata (e ciò è
avvenuto molto prima dell’avvento di Matteo Renzi, per l’appunto, con
Berlusconi che pur di far approvare la legge Calderoli/Porcellum minacciò,
nell’ottobre 2005, la crisi di governo).
Per restare in tema, giova
ricordare che fu proprio per analoghe ragioni che contro la legge elettorale
Scelba (ribattezzata “legge truffa”) -la quale introdusse
nel lontano 1953 il premio di maggioranza-
si scatenò una rivolta parlamentare che ne determinò l'abrogazione.
Nel 2014, poi, come è noto, la
Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 aveva dichiarato costituzionalmente
illegittime proprio le norme del Porcellum attraverso cui erano stati
eletti i membri dell'attuale legislatura, raccomandando a questo Parlamento “non legittimo”, tenuto conto del
principio di continuità dello Stato e nelle more dell’approvazione di
una nuova legge elettorale, questa volta legittima, di compiere solo gli atti
necessitati ed urgenti.
Una tale raccomandazione,
provenendo dal massimo Giudice della legittimità costituzionale avrebbe dovuto
rappresentare un parametro imprescindibile: Al contrario, il Governo, quasi
come se nulla fosse, con una maggioranza ”assemblata”
di volta in volta, prendeva l’iniziativa di modificare ben 47 articoli della
Costituzione compromettendone l’impianto originario (fra l’altro, come esortava
Calamandrei, l'iniziativa sulla revisione costituzionale dovrebbe spettare
esclusivamente al Parlamento e mai al Governo).
Ora, amici miei, che una riforma
della Costituzione scritta nel lontanissimo 1948 sia necessaria -al fine di garantire la stabilità dei
Governi per cinque anni (al riparo da crisi e scioglimenti anticipati) nonché
al fine di assicurare una maggiore speditezza all’iter legislativo e
decisionale oltre che per porre rimedio alle odiose degenerazioni del
Parlamentarismo- lo sanno pure i
sanpietrini su cui ogni giorno camminiamo.
Tuttavia, pretendere (dico
pretendere poiché leggendo la riforma nutro, e sono in buona compagnia, forti
dubbi che detta pretesa possa tramutarsi in realtà) di fare tutto questo
attraverso la nuova legge elettorale c.d. “Italicum” abbinata ad una
riforma costituzionale disarticolata e scritta male (si veda la formulazione
del nuovo art. 70) la quale mortifica in modo spregiudicato e rischioso il
principio di rappresentatività del Parlamento consentendo ad una maggioranza
elettorale (che, ovviamente, nel Paese reale corrisponde ad una minoranza al
massimo del 20/25% tenuto conto del diffuso astensionismo, fenomeno, fra
l’altro, che il mix proposto non può
che incentivare) di disporre a proprio piacimento dell'intero sistema
costituzionale, è francamente improponibile.
Sono arrivato al punto di pensare
che se i Padri costituenti avessero, a suo tempo, con una sfera di cristallo intravisto
l’infelice epilogo delle loro fatiche, probabilmente avrebbero cristallizzato
il sistema elettorale proporzionale puro nella costituzione da loro scritta.
Non tutti, infatti, sanno che
l'Italia è fra i pochi Paesi che considerano la legge elettorale come semplice
legge ordinaria che, dunque, può essere modificata alla stregua di qualsiasi
legge.
E in ciò, probabilmente, risiede il
rischio occulto, in quanto può consentire ad una semplice maggioranza
parlamentare di approvare una legge corretta con clausola di sbarramento e/o premio
di maggioranza e servirsene come “grimaldello”
per scardinare gli equilibri originari alterando, di fatto, tramite assemblee
legislative non pienamente rappresentative del corpo elettorale, i quorum
fissati nel 1948 dal Costituente.
La legge elettorale, infatti, non
è qualcosa a se stante rispetto al
sistema costituzionale: La scelta del sistema elettorale, proporzionale o
maggioritario con premio di maggioranza o meno, incide inevitabilmente sulla conformazione del sistema politico e si
intreccia con aspetti essenziali del sistema costituzionale; basti pensare
proprio ai menzionati quorum stabiliti dal citato art. 138 per la stessa
revisione costituzionale, dall'art. 83 per le elezione del Presidente della
Repubblica e indirettamente dall’art. 135 per la nomina dei Giudici
costituzionali.
Nel 1948 si riteneva, a ragione, il
sistema elettorale proporzionale come il più idoneo a rappresentare le
minoranze e funzionale al disegno di dotare l'ordinamento di un complesso
sistema di pesi e contrappesi.
A onor del vero in sede di Assemblea
costituente e di sottocommissioni si pose il problema di cristallizzare nella Carta
costituzionale la legge elettorale, costituzionalizzandola proprio secondo il
principio della rappresentanza proporzionale.
In tal senso, si distinse
Costantino Mortati che si dichiarò apertamente favorevole a costituzionalizzare
tale principio poiché ritenuto l'unico in grado di “arginare lo strapotere
della maggioranza”.
Alla fine il Costituente, malgrado
fosse stato votato un ampio ordine del giorno in tal senso, ritenne di non
pronunciarsi esplicitamente sul punto affidando al legislatore ordinario la
scelta della modalità di elezione dei parlamentari; si preferì, pertanto, non
irrigidire il sistema elettorale in modo da poterlo superare qualora le
condizioni politiche fossero mutate.
Ma attenzione, benché la proposta
di costituzionalizzare il principio della rappresentanza proporzionale non
venne accolto dai Padri costituenti è sbagliato pensare che il silenzio della
Carta debba essere interpretato come una delega in bianco al legislatore
ordinario.
Infatti, è fuor di dubbio che
quest’ultimo non gode (e le richiamate censure della Corte Costituzionale vanno
in tal senso) di piena discrezionalità al punto da poter introdurre qualsiasi
tipo di legge elettorale.
L'impianto istituzionale fu,
all’evidenza, costruito e pensato per un ordinamento basato su un metodo di
trasformazione speculare dei voti in
seggi parlamentari.
E non è revocabile in dubbio che il
testo costituzionale prende posizione sul sistema elettorale, quanto meno
implicitamente:
L'art. 1 della Costituzione evoca,
infatti, il principio della sovranità popolare, principio indissolubile
strettamente correlato con le forme di esercizio ed i limiti individuati nella
Carta stessa;
l'art. 3 dice che la Repubblica
deve operare al fine di consentire l'effettiva partecipazione di tutti i
cittadini all'organizzazione politica del Paese e ciò, se è consentito, si
ottiene maggiormente con un sistema elettorale proporzionale puro (la riprova di
ciò risiede nel dato fattuale e statistico che quando si votava con il proporzionale
puro c'era molto meno astensionismo);
ma su tutti l'art. 48 che detta le
condizioni in tema di esercizio del voto stabilendo che esso deve essere
personale, libero, segreto ed “eguale”: La nozione di eguaglianza del voto
presente nel menzionato articolo non va intesa solo come condizione di
partenza, ma anche come condizione di arrivo, per cui ciascun voto deve essere
egualmente rappresentato.
Ne consegue, che quando l'art. 48
ci dice, con carattere di precetto, che il voto è “eguale” vi ricomprende la
nozione di proporzionalità del sistema elettorale.
In conclusione, alla luce di quanto
sopra, il sistema elettorale dovrebbe essere pensato in modo da attuare e non
vanificare il principio della rappresentatività del Parlamento.
Del resto vi sono svariati modi per
contemperare le richiamate e tanto sbandierate esigenze di governabilità e
stabilità dell'Esecutivo con quelle di piena rappresentatività delle Assemblee
legislative.
Di seguito, senza voler togliere il
mestiere a nessuno, in via del tutto esemplificativa, ne cito una che a me
piace, ma ovviamente ve ne sono altre provenienti da autorevoli studiosi della
materia costituzionale:
Per assicurare la governabilità e
stabilità durante tutto l’arco temporale dei cinque anni nonché una maggiore
speditezza dell’iter legislativo e decisionale e al tempo stesso
garantire il richiamato principio di rappresentatività del Parlamento si
sarebbe potuta operare una differenziazione delle due Camere superando, in tal
modo, il bicameralismo paritario.
Da una parte, una Camera (400
deputati) eletta mediante una legge elettorale con robusto premio di
maggioranza a cui attribuire la potestà esclusiva sulle leggi ordinarie e, in
via esclusiva, il voto di fiducia al Governo.
Dall’altra, un Senato (200
senatori) autorevole e forte (anziché svilito e depotenziato come quello che
esce della riforma Boschi) eletto in tempi diversi rispetto alla Camera dei
deputati e mediante un sistema elettorale proporzionale puro senza sbarramento
e/o premio di maggioranza (in modo da dare speculare rappresentanza e “diritto di tribuna” a tutte le
espressioni politiche del Paese) cui lasciare la potestà esclusiva, con i quorum
qualificati previsti in costituzione, sulle leggi di rango costituzionale
nonché il parere, obbligatorio ma non vincolante, su tutte le leggi ordinarie
votate dall’altro ramo del Parlamento oltre al controllo preventivo di legittimità
costituzionale (con possibilità di ricorso diretto alla Corte Costituzionale)
sulle leggi ordinarie e regionali.
A maggior ragione un tale Senato
eletto col proporzionale puro e, dunque, pienamente rappresentativo di tutto il
corpo elettorale potrebbe eleggere, con gli attuali quorum vigenti, il Presidente della
Repubblica, nominare i Giudici della Corte Costituzionali di spettanza
parlamentare nonché eleggere i membri delle Authority e i membri del consiglio
di amministrazione della RAI.
Così facendo, tutti gli organi di
garanzia e di controllo democratico verrebbero ad essere espressione non solo
della maggioranza bensì di tutto il Parlamento e ciò rappresenterebbe, credo,
una solida garanzia per tutti i cittadini italiani.
Ritengo fondamentale e irrinunciabile,
alla luce della Costituzione del 48, che almeno una delle due Camere, e a
maggior ragione quella deputata ad eleggere e nominare gli organi di garanzia,
sia lo specchio fedele di tutto il popolo italiano; non dimentichiamoci che la
sovranità appartiene a tutto il popolo e non solo alla parte di esso che si
riconosce nel partito e/o coalizione che esprime il governo di turno.
Del resto mi sono sempre posto
queste domande e ve le pongo a voi se avete avuto, fin qui, la pazienza di
leggermi: Vi sentireste più garantiti e rappresentati da un Presidente della
Repubblica eletto dal solo partito (o coalizione) che sostiene il Governo o, al
contrario, da uno espressione di tutto il popolo italiano in quanto eletto
anche grazie al contributo determinante dei partiti di opposizione?
E vi sentireste più garantiti e
tutelati da Giudici costituzionali nominati dalla sola maggioranza di governo o
da Giudici espressione di tutto il Parlamento?
E, ancora, secondo voi
l’informazione RAI è più obbiettiva, libera e indipendente se i direttori dei telegiornali vengono
scelti da un consiglio di amministrazione nominato dal capo del Governo o da
uno nominato da tutto il Parlamento opposizioni comprese?
Stesso discorso vale per le amministrazioni
indipendenti (c.d. Authority) definite
e disciplinate nel corso degli anni da singole leggi istitutive ed il cui ruolo
importantissimo e delicato è spesso misconosciuto alla opinione pubblica.
Dette Authority hanno circa 2300
dipendenti e costano 600 milioni di euro all’anno; ne rammento alcune al fine
di una più facile comprensione:
Autorità garante della concorrenza
e del mercato – ANTITRUST: Organo collegiale costituito da tre componenti
nominati dai Presidente della Camera e del Senato, vigila sul rispetto delle
regole sulla concorrenza fra imprese contro gli abusi di posizione
dominante e concentrazioni a danno della
concorrenza, ma si occupa anche della tutela dei consumatori contro clausole
contrattuali vessatorie;
Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni – AGCOM: Composta da quattro commissari eletti per metà dalla
Camera e per metà dal Senato, il presidente invece è nominato con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei
ministri d'intesa con il Ministro delle comunicazioni; l’AGCOM assicura la
corretta competizione fra gli operatori e si occupa della risoluzione delle
controversie e di tutela amministrativa contro le clausole vessatorie inserite
nei contratti con i consumatori;
Autorità garante per la protezione
dei dati personali – Privacy: Organo collegiale, composto da quattro membri
eletti dal Parlamento, si occupa, sia nel pubblico che nel privato, di
assicurare il corretto trattamento dei dati e il rispetto dei diritti delle
persone legati all'utilizzo delle informazioni personali;
Commissione nazionale per la società
e la Borsa – CONSOB: Organo collegiale composto da un presidente e da due
membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del
Presidente del Consiglio; si occupa della tutela degli investitori di
trasparenza del mercato azionario e svolge, insieme alla banca d'Italia, anche
attività di vigilanza sulle banche; tanto per restare all’attualità, al fine di
comprenderne l’importanza, basta richiamare, fra tanti, i recenti casi del
Montepaschi di Siena, di Banca Etruria e della Banca popolare di Vicenza.
Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni private – IVASS: Si occupa di vigilanza sulle assicurazioni
private della tutela degli assicurati nei confronti delle imprese di
assicurazione;
Come potete intuire le funzioni e i
compiti svolti dalle Authority (i cui membri sono soggetti, al pari dei
giudici, solo alla legge) spesso contrappongono semplici cittadini e
consumatori a potenti multinazionali, banche e istituti assicurativi.
Dunque vi chiedo, nella veste di
cittadini e consumatori, vi sentireste più garantiti e tutelati se i membri
delle Authority fossero eletti e/o nominati dal solo partito (o coalizione) che
sostiene il Governo o anche con il contributo determinante delle opposizioni
Parlamentari che per naturale vocazione sono deputate al controllo?
Beh, credo che anche dalla risposta
che ognuno di voi da a questi semplici quesiti risiede il vostro orientamento
in merito al si o al no alla riforma Boschi.
Personalmente, sulla scorta della
mia formazione e della mia esperienza ritengo, anzi sono convinto, che in un
sistema costituzionale moderno ed efficiente a fronte di un Governo forte,
stabile e in grado di governare e decidere per tutto il corso del mandato
ricevuto debbano corrispondere Contrappesi altrettanto autorevoli e forti senza
alcuna confusione fra controllati e controllori e commistione fra i rispettivi
ruoli.
Buona riflessione.
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